Questo articolo del 1957 contiene la descrizione di John Harwood dell'invenzione e della costruzione del suo orologio automatico da polso. L'articolo, probabilmente scritto da Eric Bruton in seguito ad un'intervista con John Harwood, fu pubblicato per la prima volta sul numero 99 dell'Horological Journal, nell'Ottobre 1957. Il 24 Ottobre 1957 John Harwood, l'inventore dell'orologio automatico da polso, entra nel ristretto gruppo dei detentori della Medaglia d'Oro del British Horological Institute, dopo la consegna fatta all'Assemblea Generale Annuale dell'Istituto nella sala della Royal Society of Arts a Londra. Dato che la medaglia fu inaugurata nel 1928, è stata assegnata in precedenza solo dieci volte. |
L'idea
Come arrivò Harwood all'invenzione del suo orologio automatico? Si è spesso affermato, in passato, che ci abbia pensato durante le lunghe ore passate nelle trincee della prima guerra mondiale; questa convinzione è rafforzata da un riferimento in un depliant pubblicitario massicciamente distribuito dalla "Harwood Self-Winding Watch Company" di Londra alla fine degli anni '20.
"Dubito che molte invenzioni debbano la loro origine ai sogni nel vero senso della parola," dice Harwood, "è molto più probabile che derivino dal pensiero profondo e dalla concentrazione. Certamente non è grazie ai sogni che si trasformano in forma concreta ed il sistema di carica Harwood non fa eccezione."
La sua preoccupazione principale nell'estate del 1919, al ritorno alla vita civile, era di sposarsi e di conseguenza di ritrovò a metter su casa nel piccolo villaggio di Baldrine, sull'isola di Man, avendo in precedenza ottenuto un impiego con una ditta di gioielleria a Douglas. Fu qui che la sua idea di un orologio a carica automatica fu elaborata. Harwood non era nato sull'isola di Man ma a Bolton, Lancashire, nel 1893. Svolse il suo apprendistato come orologiaio riparatore a Bolton e, più tardi, fu impiegato presso la ditta Hirst Brothers di Oldham, sempre nel Lancashire.
Nel laboratorio di Douglas, avrebbe guardato il movimento di un orologio che aveva appena revisionato e avrebbe detto a se stesso: "Qui, in questo spazio così ristretto, c'è uno dei più delicati e precisi meccanismi del mondo, che dovrebbe lavorare continuamente per anni se caricato spesso e regolarmente e protetto con cura dalla sporcizia che con tanta fatica ho appena eliminato". Infine, restituendo un orologio riparato al suo proprietario, si sarebbe chiesto come sarebbe stato caricato, troppo o troppo poco, forse certi giorni proprio per nulla. Pur nella remota possibilità che fosse accudito con cura e regolarità, c'era sempre l'apertura per l'albero di carica attraverso la quale ogni materiale estraneo avrebbe potuto passare, dato che le casse impermeabili non erano state ancora sviluppate, all'epoca.
Questo era il pensiero che attraversava la sua mente ad ogni successivo orologio che revisionava, finché l'idea non lo riempì con l'agitazione e la determinazione a risolvere il problema di come caricare la molla infallibilmente ed automaticamente, senza l'aiuto esplicito dell'uomo, cosicché l'orologio potesse essere sigillato contro i pericoli della polvere e dell'umidità.
La carica automatica era prima stata sperimentata negli orologi da tasca, l'ultima volta 50 o 60 anni prima ma, strano a dirsi, Harwood era davvero ignaro che il problema fosse stato affrontato e, di conseguenza, partì da zero. Per non far credere che si sentisse semplicemente informato in maniera inadeguata sulle conquiste passate nella storia dell'orologeria, Harwood rileva che nulla era pubblicato sui primi movimenti automatici, a quel tempo. Oggi è risaputo che un certo numero di tali orologi fu prodotto durante gli ultimi anni del XVIII secolo e all'inizio del XIX, ma fu solo dopo che l'attenzione per il suo orologio automatico aumentò che i particolari di questi vecchi modelli accesero abbastanza interesse per essere maggiormente diffusi.
Per cominciare i suoi esperimenti nel 1922, egli scelse un orologio da polso svizzero con movimento da 13''' (linee) di diametro (29,3 mm, essendo una linea uguale a 2,2559 mm.) e tolse l'albero di carica, decidendo che questo pezzo dall'apparenza innocente doveva essere eliminato perché strumentale nel causare il problema. La carica deve avvenire dall'interno della cassa. Tenendo il movimento con le ore 12 verso il basso -la sua posizione normale quando al polso- egli scelse quello che considerava il posto più adatto per sospendere il peso e così, ad un punto della platina posteriore del movimento circa a metà fra le ore 6 e l'asse delle lancette, fissò il supporto per il peso stesso. Su di questo fu sospeso un pezzo di piombo di forma piatta, applicato ad una piastra di ottone. Montò quindi in posizione un treno di ruote e pignoni che giudicò il più adatto allo scopo. Questo modello fu inteso solamente come il primo passo nel necessario processo di errori e correzioni così nessun sistema di regolazione dell'ora fu previsto, essendo le lancette semplicemente montate all'ora esatta prima di indossare l'orologio, poiché l'apertura per l'albero di carica era stata chiusa in precedenza.
Il primo modello sperimentale
Il primo modello sperimentale era proprio inefficiente ma, dopo molte ricerche e pazienti tentativi Harwood riuscì trovare il giusto rapporto fra l'oscillazione del peso e gli ingranaggi di carica, nel limitato spazio disponibile all'interno della cassa di un orologio da polso di normali dimensioni. Il problema era ricavare sufficiente energia per caricare la molla da un peso così piccolo, oscillante per poche ore grazie al movimento inconscio di chi indossa l'orologio. In molti sensi esistevano limiti o condizioni che ne bloccavano lo sviluppo. Il piombo era pesante ma inadatto; l'ottone era adatto dal punto di vista della lavorazione, ma non abbastanza denso. Lo spazio limitato presentava le sue difficoltà e lo stesso avveniva per il moto insufficiente di un proprietario inattivo.
Alla fine, in ogni modo, una soluzione soddisfacente fu trovata e dopo la pratica con questo modello sperimentale, Harwood produsse quello che alla fine fu il suo primo modello di successo: usò un peso fissato centralmente al movimento e disegnato in modo da oscillare attorno al bordo del movimento stesso. La macchina aveva una dimensione di 13'''. Per il peso fu usato l'ottone.
Un nuovo ed anticonvenzionale meccanismo di rimessa all'ora fu sviluppato per questo prototipo. Si azionava girando la lunetta della cassa e diede prova di essere molto affidabile e di non dare problemi negli orologi prodotti successivamente. In combinazione col sistema di ricarica automatica, questo dispositivo ovviò alla necessità di avere un albero sporgente che passava attraverso la parete della cassa.
Questo modello non era certo di qualità fine, però caricava adeguatamente, accuratamente, regolarmente ed automaticamente e Harwood sentì di aver prodotto un sistema che doveva per forza incontrare i favori dell'industria e del pubblico. Fu perciò a questo punto, nel 1924, che depositò le domande di brevetto in Gran Bretagna, Svizzera, Francia, Germania e Stati Uniti. Fatto questo, si occupò di migliorare l'estetica dell'orologio e durante i mesi successivi costruì un piccolo modello basato su un movimento da 8 linee e ¾ in una cassa da 11'''. Considerevoli miglioramenti furono apportati nella disposizione del treno di ingranaggi di carica ed anche nel disegno della placca di frizione, che serviva a muovere gli ingranaggi di carica; al peso fu permesso di effettuare un'oscillazione più ampia.
La costruzione
Col modello più piccolo finito ed accuratamente testato, fu organizzato un viaggio in Svizzera perché era l'unico luogo dove un tale orologio poteva essere costruito con successo, malgrado Alfred Hirst avesse detto a Harwood che non sarebbe riuscito a far modificare agli Svizzeri nemmeno una vite dei loro orologi tradizionali.
Accompagnato da un collega, Harry Cutts, Harwood visitò una quantità delle più importanti fabbriche svizzere di orologi. In ognuna ricevette un cordiale benvenuto ma, dopo una settimana di duri tentativi, i due viaggiatori non riuscirono a trovare una ditta abbastanza interessata per avventurarsi nella costruzione dell'orologio automatico. Oggi (1957) Harwood pensa che parte del fallimento fosse dovuta al fatto che né lui né il suo collega conoscevano il francese o il tedesco per esporre in modo decisivo le caratteristiche uniche dell'orologio. Alla fine, con le speranze molto affievolite e il suo orologio automatico in tasca, Harwood fece ritorno all'isola di Man.
L'unica possibilità rimasta era cercare appoggio finanziario, un'eventualità che appariva remota. Fortunatamente, il suo collega venne in contatto con molte persone influenti e, dopo circa un anno, per combinazione incontrò due fratelli di Manchester, Louis e Phillip Alexander, che si resero conto delle potenzialità dell'invenzione. Con l'aiuto finanziario per coprire i costi delle attrezzature e del lavoro necessari all'inizio della produzione, fu preso un accordo con la A. Schild SA, di Grenchen, per la costruzione degli attrezzi speciali necessari alla manifattura.
Dai primi esperimenti fino a questo punto erano passati cinque anni e ci volle quasi un altro anno prima che il movimento entrasse in produzione. Fin dall'inizio, Harwood era in pratica sempre in Svizzera, a supervisionare e suggerire le molte modifiche e gli adattamenti alle parti realizzate dalle presse e dai macchinari. Questo non era un compito semplice perché egli non conosceva la lingua dei tecnici né questi conoscevano la sua. Tutte le istruzioni dovevano essere trasmesse attraverso un interprete, cosa davvero esasperante. C'erano volte in cui le sue richieste erano rigettate come impossibili e, in queste occasioni, egli doveva affidarsi solo alle proprie risorse.
Il primo di questi casi sorse quando gli fu detto che il particolare diametro di sottile filo d'acciaio per le molle dei respingenti non era reperibile. Girando tra i fornituristi di Bienne, Harwood trovò che l'unico filo abbastanza sottile era usato nella realizzazione dei fori per i rubini degli orologi. Ritornò alla fabbrica dopo aver avvolto da solo le molle necessarie. In un'altra occasione si affermò che un foro in un perno di ottone particolarmente piccolo non poteva essere praticato con l'angolazione prestabilita e, nuovamente, egli fu lasciato a risolvere il problema da solo. Più tardi, nelle fabbriche dove si rifinivano i movimenti, si incontrarono difficoltà nel far oscillare i pesi concentricamente al movimento. Per risolvere questo problema, Harwood sistemò ogni singolo peso su un apposito mandrino da tornio, in modo da poter forare il braccio di supporto concentricamente alla boccola cui il braccio era fissato sul ponte della massa oscillante. Alla fine, i movimenti erano pronti ed egli si fece carico dell'assemblaggio e della messa a punto dei sistemi di carica delle prime tre dozzine di orologi, cioè di una dozzina per ognuna delle tre fabbriche dove i movimenti erano rifiniti.
Vendita
Fu formata una società con un capitale di 62.000 Sterline presso la Regent Arcade House, in Regent Street a Londra. Ben presto oltre 500 gioiellieri in Gran Bretagna ed Irlanda cominciarono a vendere l'orologio di Harwood. Una società fu formata anche in Francia ed una negli USA. Successivamente fu giudicato prudente assicurare la vita di Harwood e fu stipulata una polizza da 10.000 Sterline. Inutile dirlo, egli sopravvisse ai molti problemi che gli si dovevano presentare.
Furono vendute molte migliaia di orologi Harwood ma, forse, l'automatico giunse troppo improvvisamente all'attenzione del pubblico: le sue capacità e caratteristiche erano così rivoluzionarie che la gente era scettica sui pregi che gli si attribuivano. Tuttavia, Harwood è convinto che se questa fase nella storia dell'orologio si fosse potuta superare, l'automatico si sarebbe affermato definitivamente nei primi anni '30. Sfortunatamente, in ogni modo, nel 1931 giunse la grande depressione mondiale, la Sterlina uscì dal sistema monetario aureo, Wall Street era nel caos, c'era disoccupazione ovunque e la Harwood Self-Winding Watch Company fu messa in liquidazione.
La figura seguente è uno schizzo del sistema di carica dell'orologio automatico di Harwood, così come appare quando si toglie il fondo della cassa. Il supporto della massa oscillante A è imperniato al centro del movimento. Fissata a frizione ad A c'è una platina F1 con un cricco sul suo lato inferiore. Questo cricco ingrana sui denti della ruota W, che è la prima ruota del treno degli ingranaggi di carica e svolge il doppio compito di ruota cricco e ruota di trasmissione. La massa oscillante è provvista di un respingente a molla ad ogni estremità. Due fermi limitano il suo movimento ad un arco di circa 60°. Essa carica in una sola direzione e il movimento effettuato nel senso della freccia è trasmesso, attraverso una frizione, alla ruota W e da questa, attraverso due gruppi ruota-pignone P1 e P2, alla ruota di carica del bariletto.
Evitare l'usura del sistema di carica
La platina fissata a frizione F1 normalmente si muove assieme alla massa oscillante ed è tenuta per mezzo di una molla regolabile F, la quale assicura che la platina ruoti assieme alla massa oscillante finché la molla di carica è quasi completamente carica (meno ¼ o mezzo giro). Harwood è convinto che il normale sistema svizzero della molla che slitta all'interno del bariletto quando è del tutto avvolta sia un errore. Egli sostiene che può essere evitata una gran parte dell'usura del sistema di carica se la frizione sul treno di ingranaggi è posta dal lato della massa oscillante.
Regolazione delle lancette La regolazione delle lancette è effettuata nel modello standard tramite una ghiera girevole. Questa ghiera ha una corona di denti frontali sul suo lato interno, concentrica e sullo stesso livello del vetro. I denti ingranano con una ruota dentata, visibile nella parte alta del movimento nella foto (cliccare sull'immagine per vedere un ingrandimento). La ghiera è fissata a pressione ed è costruita con una sezione dal profilo particolare. Il bordo della cassa al quale la ghiera è fissata ha un corrispondente profilo che è reso elastico da alcuni tagli radiali. Ne risulta un incastro che forza la ghiera a aderire alla cassa pur permettendole di girare. Questo sistema ha resistito a molti anni d'uso e i pochi orologi Harwood che ancora tornano al costruttore per l'assistenza sono perfettamente efficienti nella rimessa all'ora e nella ricarica automatica. |
Retrospettiva
Harwood afferma: "Nonostante il mio orologio automatico non abbia avuto il futuro di successo che avevo immaginato, è gratificante sapere che il sistema è stato strumento diretto nel dare nuovo impeto all'industria orologiera svizzera negli ultimi anni. L'orologio automatico funziona in condizioni così ideali che credo profondamente si sia ormai imposto in modo definitivo."
Non è generalmente noto che Harwood fu in larga misura responsabile del progetto per il meccanismo di ricarica automatica "Autowrist". Questo meccanismo ha un'ansa snodata fissata alla cassa che si muove con la flessione del polso, caricando l'orologio attraverso un ingegnoso sistema di leve e cricchi. L'azionamento del tipo a cricchi consente anche al più piccolo movimento dell'ansa snodata di caricare un po' la molla motrice. Alcuni di questi orologi vengono ancora (1957) inviati allo stabilimento Harwood nel Middlesex e gli unici segni di usura evidenti del sistema di carica sono la formazione di zone piatte sui tre perni parte del sistema di cricchi. Vi si rimedia facilmente tornendo leggermente i perni in modo da rinnovare le superfici di scorrimento e gli orologi sono di nuovo pronti per molti anni di carica automatica.